La funzione urbanistica di Cintuzzo
Per la Jacobs "i centri urbani progettati senza tenere conto della vita dei suoi abitanti in nome di una pianificazione rigorosa e ordinata, non funzioneranno mai". «Bisogna uscire, e camminare – sottolinea la Jacobs – camminate e vedrete che molti dei presupposti sui quali si basano i progetti sono sbagliati. Vedrete, ad esempio, che un complesso civico valido e ben tenuto non necessariamente migliora anche ciò che lo circonda».
La mia è ovviamente un'incursione in terre sconosciute (salvo forse una vaga mappatura cromosomica), ma mi sarebbe piaciuto che Giacinto allungasse i suoi domini fin lì. Magari solo - con gli occhi al cielo e la cascietta sottobraccio - per mandare affanculo i fantasmi della libertà, gli snob, i fobici, i narcisi e i libertari tardivi. Ecco, confesso un fantasma; quello di Cintuzzo che a Gergeri, all'angolo del ponte "strallato", conversa amabilmente con Cacciari, Agamben e Barbero.
Pensiamo a Giacinto come a una topologia, perennemente "sulla soglia", del supermarket come della chiesa, che presenziava e ti accompagnava, forte di qualche entratura nell'alto dei cieli (Sant'Antonio, dell'Orto e non Sant'Antonio Abate o di Padova) l'unico degno di nominazione e di gloria. Presenziare e accompagnare, dici niente! Non voglio certo sminuirne il ruolo di uomo pio e la portata, ma nel mio caso (che attiene alla catena significante e dunque è "simbolico") si aggiunga che ho abitato per tanti anni di fronte la fontana di Giugno e dunque nei pressi della Standa, dove si recava quotidianamente mia madre e prim'ancora nonno Ciccio. E lui alle prese coi fardelli più pesanti. Poi, trasferitici a Vadue, Giacinto era lì con me, nella benedizione di chi ti da un passaggio (fino all'AIAS, poi lui proseguiva fino a Carolei). E poi, di nuovo, a Sant'Antonio dell'Orto, a Lacosa, nei pressi di Ascente Arredamenti. Una "passe" a passaggi, frutto di cose semplici, "centulire" poi magari pure uno o due euro per un cero e i morti degli altri, un sorriso e un saluto "a Donna Totonna e all'Ingegnere".
Chiesa di Sant’Antonio dell’Orto
Questa Chiesetta apparteneva al Convento di Santa Maria degli Angeli ed era attigua al fabbricato di detto Convento. Sull’altare maggiore è un pregevole affresco raffigurante la Madonna che allatta il Bambino, porta in alto la data “1621”; vi sono diverse statue e cioè quella della Madonna degli Angeli (al momento in fase di restauro), quella di Sant’Antonio di Padova e quella di Sant’Antonio Abate; una tela su cui è dipinto Sant’Ippolito e sotto si legge «Vincenzo Licciardone F.F.P.S.D.A.D. 1813» (anch’essa in fase di restauro).
In giro alle pareti della Chiesetta sono quattro dipinti su tela raffiguranti l’Annunciata, l’Assunta, l’Immacolata, l’Incoronazione di Maria SS.
Il soffitto in tavola, dipinto a vari disegni, ha nel centro un quadro su tela della Madonna del Latte. In una targa al di sopra della porta interna della Chiesetta è questa iscrizione «Abbellita ed ampliata come si vede dai suoi divoti 22 febbraio 1730».
Sul piccolo campanile sono collocate due campane, una porta incisa questa iscrizione: «A.D. 1911 – Alfonso Valentini da Dipignano – Francesco Bilotta Procuratore della Chiesa di S. Antonio degli Orti di Cosenza»; sull’altra campana si legge «A divozione di F.B. 1925».
LA CITTÀ DA JANE JACOBS A URSULA VON DER LEYEN
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